Il suono analogico è più caldo, profondo, definito. Meno asettico rispetto ai formati digitali, anche se sono ad altissima definizione o ascoltati con cuffie costosissime. Inutile mettersi a discutere su cosa è meglio o peggio, il dado è tratto, il passo compiuto. Parlare di risoluzione, algoritmi, amplificatori digitali e valvolari non serve più. E la recente riscoperta del vinile rimane un fenomeno relegato ad una piccola nicchia di pubblico minoritario di chi sceglie magari ancora con giradischi con puntina in oro o di chissà quale altro materiale capace di rendere al meglio tutte le sfumature del suono analogico.
L’audio è detto analogico quando la sua rappresentazione consiste di forme d’onda continue. I supporti più utilizzati per l’audio analogico sono stati i dischi in vinile e i nastri magnetici. Lo svantaggio principale dell’audio analogico era rappresentato dai disturbi, da una fedeltà sonora non sempre adeguata (specialmente con i nastri magnetici) e dal fatto che i supporti soffrissero di usura molto più facilmente.
Questo tipo di riproduzione e registrazione dell’audio è stato, nella scena mainstream, completamente soppiantato dall’audio digitale, tuttavia esiste ancora una nicchia di appassionati che ritiene che l’audio analogico (specie per quanto riguarda i vinili) abbia una qualità di gran lunga superiore al digitale, ritenuto più freddo, piatto e meno coinvolgente.
L'analogico esprime al meglio la natura del suono. Soundstage spesso più ampio. Imponenza del formato (package, artwork, ecc...).
Può superare la qualità di un CD solo sotto stretti vincoli (impianti adatti e regolazioni complesse). Sensibile a numerosi agenti atmosferici. Si usura con gli ascolti causando, in prospettiva futura, una progressiva perdita qualitativa.